Joe Wright, alla regia di “M. Il figlio del secolo”, offre una rappresentazione spietata del fascismo, dimostrandosi un fedele cronista delle tenebre che avvolsero l’Italia durante il ventennio. La serie tv prodotta da Sky scava nelle radici più oscure del fascismo, illuminando episodi pivotali come l’assalto alla redazione del giornale “L’Avanti” e l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Questi eventi non sono relegati a mere note a piè di pagine nella storia; piuttosto, vengono esplorati con uno sguardo che penetra le complessità storiche e sociali che servirono da preludio all’instaurarsi di uno dei regimi più brutali del Novecento. Il regista, armato di uno spirito critico e implacabile, non si accontenta di ritrarre la figura del dittatore. Al contrario, disvela le dinamiche di un’epoca segnata dalla violenza e dalla manipolazione, evidenziando come il fascismo abbia modellato la società italiana non solo attraverso la coercizione diretta, ma anche mediante un sofisticato controllo dei media e delle tecniche propagandistiche.
“M. Il figlio del secolo”: la ‘M’ non è un minimalismo estetico
Partiamo dal titolo. Quella “M” sussurra una verità troppo pesante per essere pienamente espressa. Un’eco sobrio e isolato di un nome che molti vorrebbero poter cancellare dalla storia, non solo dimenticarlo ma estirparlo. Quella “M.” non è così enigmatica, non è una minimalismo dettato da una scelta estetica, ma un’affermazione carica di significato storico e culturale. La decisione di limitare alla sola iniziale del cognome del Duce, evita di risvegliare e alimentare vecchi e nuovi fervori nei simpatizzanti contemporanei del fascismo, una mossa prudente in un’epoca in cui le ideologie estreme possono facilmente riguadagnare terreno. Confinare Mussolini a una lettera serve a demitizzare la figura, sottolineando un approccio che rifiuta di concedere al dittatore l’aura di un mito, insistendo piuttosto sulla necessità di un ricordo critico e consapevole per evitare la ripetizione degli errori del passato. A tal proposito, va ricordato che la serie tv prende il via dall’omonimo romanzo documentario di Antonio Scurati e del quale adotta anche lo spirito critico, impegnandosi a esaminare le radici e le conseguenze del fascismo senza glorificarlo, nonostante il primo narratore delle vicende sia proprio lui, non una voce narrante ma Benito Mussolini che abbatte la quarta parete per svelare i suoi piani guardando il pubblico direttamente negli occhi.
Luca Marinelli conferma la sua straordinaria bravura
Nell’attuale periodo storico, in cui i venti dell’estrema destra soffiano con crescente intensità, era necessario un racconto come quello proposto da “M. Il figlio del secolo”. Questa serie non si propone di sedurre ma di smascherare; non cerca di incantare, ma di esporre la cruda realtà. È un approccio che cerca di far luce su verità scomode, sottolineando l’importanza di affrontare i fantasmi del passato con un’onestà implacabile. La sceneggiatura è scritta con intelligenza acuta e il cast è di una bravura eccezionale, degno di una produzione internazionale. Al centro di tutto c’è il protagonista che indossa il mantello di Mussolini non per esaltarlo ma per esporre senza remore il suo lato più oscuro e repulsivo, mostrando contemporaneamente come potesse essere affascinante e orribile. Le interpretazioni del cast di supporto sono altrettanto impressionanti; arricchiscono ogni episodio con sfumature che vanno oltre il canone tradizionale dei biopic storici. Ogni attore, nel proprio ruolo, contribuisce a questa potente narrazione collettiva, che senza sforzo riesce a smontare il “mito” per mostrare il mostro. L’amante stessa, Margherita Sarfatti, in più scene rivelerà la sua natura, quello di un uomo mediamente colto e capace delle più grossolane riduzioni di pensiero per arrivare alla pancia della gente, pur essendo indubbiamente intelligente, astuto e opportunista, con un unico obiettivo fissato nella mente: il potere.
“M – Figlio del secolo” è una serie che non solo intrattiene ma educa, una necessaria riflessione sul potere delle parole e su come queste possano essere strumentalizzate per governare le masse. È un promemoria che il fascismo non era (e non è) un fenomeno lontano, ma un avvertimento perenne sulle pericolose seduzioni del potere autoritario. La serie firmata Joe Wright, è un monito contro chi invoca l’oblio, desideroso di seminare nuovamente le ideologie autoritarie. È uno spettacolo che ci sfida a rimanere vigili e consapevoli, ricordandoci che la storia non è solo qualcosa da studiare, ma un qualcosa da cui dobbiamo imparare attivamente per evitare di ripetere gli stessi tragici errori.