Una bevanda e le storie che è in grado di intrecciare. Non si tratta della Coca Cola o di una delle sue operazioni di marketing più famose al mondo “I’d Like to Buy the World a Coke”, ma del Caffè che semplicemente potrebbe intitolare uno spot nella sua lingua “madre” “‘o café”.
Da napoletana posso dire che una delle capacità più concrete del caffè è quella di riuscire a scandire il tempo. La mattina appena mi alzo bevo il caffè, a metà mattinata in ufficio e magari anche dopo pranzo. Magari? Mi correggo… anche dopo pranzo e ovviamente dopo cena! Se non prendo il caffè, con una certa sicurezza, posso dirvi che la mia giornata andrà male. La stessa sicurezza con la quale lo dichiara una delle protagoniste del nuovo film-documentario lanciato a maggio da Netflix.
La piattaforma di streaming che fornisce film, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento, ha deciso di dedicare un intero documentario al “Caffè sospeso“. Si tratta di un viaggio nelle vite di tre persone reali che vivono in tre luoghi diversi della terra: tra Napoli, New York e Buenos Aires.
Un racconto realistico ambientato nelle singole storie di ogni personaggio non necessariamente napoletane, anche se il caffè più buono al mondo viene preparato a Napoli e non solo per via l’acqua o per il processo di tostatura, #maproprioperché a Napoli il caffè è una bevanda visionaria, apotropaica, proprio come il Sangue di San Gennaro o e curnicielli di Pulcinella o ancora qualsivoglia tipo di rafforzativo in termini di capacità di annullare influssi magici maligni ai quali i napoletani credono tanto. ‘O cafè d’altronde è magia: ha il potere di risollevare il morale, di fermare il tempo quando ti trovi in compagnia, soprattutto se questa è piacevole. Il caffè eterna l’attimo! Ed è quel che accade un po’ in tutti i bar-caffè napoletani: avvertire la sensazione di entrare in un universo parallelo dove mondi possibili infiniti possono incontrarsi e quei mondi sono le persone.
Ed è proprio di questo che parla il documentario di Netflix, delle persone dove “volente o nolente” quando si trovano in un punto cruciale della loro vita si parla di caffè. Le storie che si intrecciano in questo docufilm sono quelle di Elisabeth Cardiello, 34enne, e quella di suo padre, Pietro Cardiello, emigrato in America ma originario di San Pietro Al Tanagro, Amalfi. Poi ci sono le storie di Giancarlo e Glodier. Nessuno dei tre si conosce, non si sono mai incontrati, ma la loro vita ha un comune denominatore: ‘o cafè che ha determinato in positivo la loro esistenza.
Il caffè a Giancarlo ha insegnato qualcosa di molto importante: il rispetto, quel rispetto che una volta perso puoi riottenere solo imparando ad essere onesto, quella stessa onestà che lo renderà libero. Elisabeth, quasi come in un romanzo, ma del resto si sa… la realtà supera di gran lunga la fantasia, scopre un’eredità dal valore inestimabile, più morale che economico: e ancora una volta c’è di mezzo quel caffè che la condurrà a rivivere il rapporto speciale che aveva con suo padre Pietro. E poi c’è Glodier, la sua storia trasuda speranza, speranza di ricevere quel segnale che prima o poi ti aiuti ad imboccare la tua vera strada, fino a renderti libero. Glodier lavorava in un bar, faceva il cameriere, e ogni giorno serviva il caffè allo scrittore Martìn che riusciva a lavorare solo in quel bar. Martìn affascinato dalla storia di questo ragazzo decise di inserirlo nei suoi romanzi rivelando la sua vera natura; quel gesto ha consentito a quell'”anonimo” cameriere di uscire allo scoperto.
Il caffè sospeso non è solo quello di chi ha buon cuore, di chi ha la possibilità economica, lascia in un bar in modo che i meno fortunati ne possano godere. Il caffè sospeso è rivalsa per il nostro popolo. È conoscenza e condivisione. È fare la pace, è la retta via da seguire. I protagonisti di “Caffè sospeso – Coffee for All” iniziano quel viaggio chiamato vita di cui non conoscevano il punto di partenza o la destinazione ma ne hanno capito appieno tutte le soste. La vita è una sosta al caffè che si ripete ogni giorno alla fermata di un bar o attorno ad un tavolo che diffonde il formicolio ventoso dell’odore di questa bevanda.
Il documentario targato Netflix non è caratterizzato da particolare lirismo ma lo trovo tuttavia meraviglioso per la sua semplicità e la genuinità con la quale i protagonisti raccontano se stessi. La storia di Glodier per me è sublime, sembra essere raccontata attraverso l’occhio di chi osserva uno di quei quadri che racchiude l’atmosfera e le tinte della Belle Époque europea di fine ‘800. Insomma se non si è capito ve lo consiglio. Mettetevi comodi e iniziate anche voi la visione di questo docufilm, magari tenendo tra le mani una tazza di caffè!