Potrei scrivere qualcosa di parte, molto di parte, ma cercherò di non farlo! Perché suvvia bisogna essere obiettivi anche se il protagonista dell’ultima serie tv Netflix è il tuo attore preferito di sempre. Di chi sto parlando? di Paul Rudd di cui mi sono innamorata ai tempi di “Friends“. L’unico attore, a mio avviso, che sarebbe potuto entrare in quel formidabile cast senza rovinarlo, per sposare chi poi? Un’altra delle mie preferite, la stravagante e unica Phoebe Buffay, interpretata da una scintillante Lisa Kudrow.
Ecco! Beh diciamo che Paul Rudd è da qualche anno sulla cresta dell’onda holliwoodiana. Ha iniziato a mettere d’accordo proprio tutti con Ant-Man e gli Avengers, ma ha tuttavia partecipato a molte altre commedie che mi sono tanto piaciute. E proprio in questi giorni l’uomo che non invecchia mai, perché siamo onesti… chi a 50 anni sembra ancora un 30enne? Di solito gli uomini con l’età acquisiscono più fascino ma anche il non invecchiare e mantenere quel viso pulito ha il suo perché. Un esemplare del genere lo abbiamo anche in Italia (vedi Massimo Di Cataldo).
Living with Yourself
Ma torniamo a noi o meglio a Paul Rudd! Io che sono un’ingorda di cinema (e di lui) sono sempre alla di ricerca di uno dei suoi film, proprio in questi giorni mi sono imbattuta in una serie tv che non avrei potuto non notare. È stata lanciata da Netflix il 18 ottobre: “Living with Yourself“, letteralmente “Vivere con te stesso” dove addirittura, tenetevi forti, Paul Rudd si sdoppia! Fin da subito, la serie, si propone “formato commedia”, ma nella trama succedono così tante cose che definirla così mi sembra di sottovalutarla visto che inizia a scavare a fondo temi di cui in passato il cinema ne ha fatto anche un abuso spietato: la clonazione.
Dalle prime scene emergono alcune promesse di “divertimento”, ma in men che non si dica la storia si trasformerà in una profonda analisi dai risvolti esistenziali, sul quello che siamo diventati rispetto a quelli che potremmo ancora essere e tutta una serie di introspezioni che non passano inosservate. E vogliamo parlare della suspense? Ogni episodio finisce con i cosiddetti cliffhanger incuriosendo lo spettatore che non può fare a meno di guardare immediatamente l’episodio successivo. Con me, almeno, ha funzionato e vi dirò di più: mi è dispiaciuto averli visti tutti in un solo giorno!
Un po’ di trama
Paul Rudd si cala nei panni di Miles Elliot. Un creativo che lavora in un’agenzia pubblicitaria ma che da tempo ha perso l’ispirazione. Un po’ lo stereotipo di un uomo stanco dei cambiamenti, naturali, della vita. Casa nuova, un matrimonio lungo nel quale non arrivano figli e quella vena artistica che lo spingerebbe a sperimentare tante altre forme d’arte ma che lo costringe a creare slogan e storyline per prodotti di ogni tipo lasciando nel cassetto il sogno di una scrittura teatrale.
Un giorno gli capita però di ascoltare il consiglio di un collega/nemico che gli suggerisce una Spa particolare e che prometterà di renderlo, attraverso uno speciale trattamento, “la versione migliore di sé“. Il risultato? Miles si risveglia incelofanato in una fossa e a casa trova un clone che in pratica sta vivendo la sua vita. Si tratta appunto di quella “versione di sé” più fresca e riposata, brillante e affascinante come lo era lui un tempo. La storia si sviluppa sul quel filo sottile tra commedia dell’assurdo, dell’inganno e del dramma esistenziale, ma diretto così bene non risulta mai banale. Insomma una vera e propria commedia esistenziale!
L’aspetto tecnico è eccellente. Paul Rudd, abbiamo detto, interpreta due versione di sé che si affiancano e si sovrappongono. Le nuove tecnologie consentono riprese senza sbavature e il doppio può occupare la stessa scena contemporaneamente; prima dell’avvento del digitale poteva occupare solo metà dell’inquadratura. Una qualità così ben definita, per questo tipo di racconto, che penso non si sia mai vista prima. I due Miles si muovono così liberamente come se fossero realmente due persone distinte. Insomma il risultato è ottimo e poi l’interpretazione di Rudd è magistrale.
Per districarsi nell’assurda vicenda la regia racconta le stesse scene dai diversi punti di vista dei protagonista, Miles l’originale e il suo doppio e quello della moglie, Kate, interpretata dalla comica irlandese Aisling Bea. È una narrazione meravigliosa, che ho davvero tanto apprezzato e se il punto di vista del protagonista sfigato e del suo clone brillante sembra ad un certo punto indebolirsi, arriva quello di Kate che dà una bella spinta a quello che rischia di diventare un polpettone! Il suo modo di vivere la storia in cui si trova involontariamente avviluppata, ci fa capire quanto le decisioni altrui possano incidere sulla serenità di chi le circondano anche se alla fine empatizzare proprio con lei non è tanto semplice.
Identificarsi con i protagonisti
È un identificarsi di continuo con i protagonisti. Chi non vorrebbe che il proprio doppio si recasse in ufficio al posto nostro rendendoci liberi da ogni impegno? Ammettiamolo! è il desiderio di tutti anche se si corrono dei rischi, come succede a Miles che diventa geloso del proprio clone e del suo successo e che lo spinge a rivolere indietro la propria vita sbarazzandosi di quell’inarrivabile perfezione che il tempo gli ha portato via.
Un’altra cosa che vi voglio dire: non lasciatevi ingannare dalla presenza di questo bravissimo attore che spesso ha interpretato ruoli comici e ironici. Questo film non è una semplice commedia, è molto di più! Tutti i colpi di scena, che credetemi vi fanno restare davvero con il fiato sospeso, rende il racconto emotivamente sempre più coinvolgente. Strutturato in maniera lineare, tuttavia, non potrete fare a meno di guardarlo tutto d’un fiato per sapere come andrà “inaspettatamente” a finire. Questa serie tv vi farà guardare in faccia la realtà spronandovi a migliorarla ma anche ad accettarla, frustrazioni comprese!